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Premio Saint - Vincent per i professionisti della montagna |

Grolla d’oro
per la migliore realizzazione alpinistica internazionale di una guida alpina valdostana
HERVÉ BARMASSE
Per la prima salita solitaria e prima ripetizione, del 16 aprile 2007, della direttissima sulla parete sud del Cervino aperta dal padre Marco, con Walter Cazzanelli e Vittorio De Tuoni, nel 1983. Un’esperienza che testimonia come l’alpinismo e la professione di guida alpina continuino ad essere radicate nella cultura e nella tradizione della Valle d’Aosta e di tutte le montagne del mondo. Un “sapere” che viene trasmesso di padre in figlio e che le nuove generazioni arricchiscono e rinnovano con nuove esperienze ed idee.
Hervé Barmasse
“Per me l’alpinismo è avventura e sulla sud del Cervino, slegato su roccia non proprio solida ed immerso in una grande parete, devo dire che l’ho assaporata…” Hervé Barmasse
Guida alpina di Valtournenche, maestro di sci e snowboard e “figlio d’arte” da quattro generazioni, Hervé Barmasse ha sposato la stessa professione del padre Marco e della sua famiglia da cui ha sicuramente ereditato la passione per l’alpinismo e per la montagna di “casa”, il Cervino. E’ un “testimone” che il trentenne alpinista valdostano, fortissimo climber e conduttore per la Rai di trasmissioni dedicate alla montagna, ha sempre cercato di re-interpretare con un’esperienza che lo ha portato a percorrere sia le grandi pareti alpine sia quelle extraeuropee. Tra queste vanno ricordate nel 2004 le nuove vie sullo Scudo del Chogolisa (5700 m) e sullo Sheep Peack (6300 m.) in Pakistan. Un’esperienza che è proseguita nel 2005 con le due vie nuove, aperte con i compagni della spedizione Trip One Karakorum, sullo Scudo del Chogolisa (5300m) e sull’inviolato Peak 5500. Mentre è del 2006 la nuova via di ghiaccio e misto sull'inviolata nord del San Lorenzo in Patagonia, salita con Bernasconi, Lanfranchi e Ongaro. Tra le molte sue salite va citata la prima invernale e prima ripetizione con Massimo Farina della difficile via Padre Pio sulla parete sud del Cervino. E, sempre sulla stessa parete sud del Cervino, non può essere dimenticato il suo bellissimo poker di prime salite solitarie iniziato sulla Casarotto-Grassi nel 2002, e poi proseguito con la via Deffeyes (2005), la via Machetto (2007) e quella prima solitaria e prima ripetizione della direttissima aperta dal padre che gli è valsa la Grolla d’oro della prima edizione del Premio Saint – Vincent. E’ un riconoscimento che si aggiunge ai due Premi Paolo Consiglio, ricevuti dal Cai per la spedizione in Karakorum del 2005 e per la nuova via sul San Lorenzo. E che arriva a pochi giorni da una storica salita di cui è stato protagonista insieme a Cristian Brenna: l’apertura di una nuova via sulla parete Nord Ovest del Cerro Piergiorgio, in Patagonia.
Hervé Barmasse è sicuramente uno degli esempi di come il “giovane” alpinismo possa confrontarsi con il passato rispettandolo e proponendone nuove visioni, come ben risulta in questa intervista rilasciata dopo la solitaria sulla sud del Cervino: La direttissima sulla sud del Cervino è una gran corsa che parte da 2900 metri e arriva ai 4478 della vetta dopo 1500 metri. Un’autentica “grand course”, quasi d’altri tempi… che Hervé Barmasse ha interpretato sul filo del ricordo e forse del 'déjà vu'.
“Era da un po’ che l’idea mi frullava per la testa… mi sembrava strano che su una via così e su una parete come la sud del Cervino non ci fosse più andato nessuno.”, spiega Hervé. “D’altra parte per me il Cervino è la montagna di casa, e la sud si può dire che faccia parte dei miei orizzonti da quando sono nato: è sempre lì, presente come una compagna di tutte le mie giornate. Una parete immensa, solitaria e tutta per me…”.
La sud come una storia di una vita, ma anche una storia famigliare. Tuo padre sapeva che volevi ripetere la sua via? “Glielo avevo accennato un po’ di tempo fa, ma non gli ho chiesto informazioni. Lui quella volta si è limitato a dirmi di portare la corda e non fare come il mio solito. Era un buon consiglio… anche se alla fine la corda l’ho usata solo per recuperare lo zaino e soprattutto per andare a sbloccarlo in un punto dove si era incastrato”.
Te l’aspettavi così? “In gran parte sì, anche se avevo preventivato di salirla in 5-6 ore che poi in realtà sono diventate 8… Un paio di volte sono anche tornato indietro per trovare la via più giusta. Non so neanche se ho seguito perfettamente la via dei primi salitori… quando mio padre torna dal Nepal voglio chiederglielo, come dicevo non gli ho chiesto informazioni…”. Come mai hai ripercorso le orme di tuo padre, forse per emularlo o per sfidarlo? “No, per sfidarlo assolutamente, no. Ho rispetto per mio padre, ma come tutti i figli voglio fare le mie esperienze, provare da solo per re-interpretare le sue tracce”.
Com’è nata la decisione di partire? “Si sa come vanno queste cose, l’idea c’era, il tempo si era messo al bello e io avevo bisogno di confrontarmi con me stesso e con la montagna. Avevo bisogno di affrontare un’incognita: e questa via lo era. Così sono partito per la sud”.
Alla fine cosa ti ha lasciato questa via? “Soprattutto la soddisfazione di aver fatto quello che volevo. Ho aggiunto un altro tassello alla mia esperienza con la montagna e l’alpinismo. Un’esperienza pensando al poi…”.
Estratto da un’intervista a Planetmountain.com
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